Sono il visitatore numero:

giovedì 26 maggio 2011

Ha nevicato.

Ha nevicato. È il 26 maggio e ha nevicato. Certo, non ha attaccato, però se guardo quelle specie di montagne alte poco più di 150m che son qui vicine, vedo la cima bianca. Che desolazione, pensavo ad una bella stagione ormai alle porte e invece, come se non ce ne fosse già stata abbastanza, ha nevicato.

Stanno arrivando le otto di sera, la casa è vuota e sono sulla poltrona a scrivere. Quando il tempo fuori è grigio, mi piace essere a casa da solo. Non so, ma quel tocco di malinconia che danno le nuvole e le strade bagnate, unite ad una leggera solitudine, sono una invitante situazione in cui mi posso ritirare a pensare e a fare i conti con la mia vita. Allora mettiamo in colonna i miei numeri, mentre di rumore c'è solo il tic-toc di un orologio da parete.
Ho avuto l'occasione di rivedere la mia ragazza un'altra volta, che bello. È saltato tutto fuori così all'ultimo momento, poi qualche ora assieme, e poi
goodbye un'altra volta. Non è stato doloroso però, forse perchè a differenza di tutte le altre volte questa non è stata anticipata da lunghe giornate di attesa, ma è arrivata così da un momento all'altro, e allo stesso modo se n'è andata, senza lasciare strascichi. Certo è che, ogni secondo con lei, è come il primo fiore che arriva in primavera, è come il profumo di mare che ti accoglie dopo aver guidato per ore alla volta delle vacanze. 

C'è a chi, per volare, è sufficiente tenere aperte le ali, mentre c'è chi per farlo deve sbatterle mille volte al minuto. Ecco, quando sono con lei per volare mi basta prenderla per mano.

Credo che dal presente puoi provare a toglierti, puoi provare a scrivere da solo un futuro che altri ti attribuiscono in maniera diversa, ma dal passato no, non puoi proprio scappare. Non lo dico perchè ora mi trovo “intrappolato” da ciò che in precedenza ho fatto, ma lo dico perchè penso a quante volte sarei potuto essere un attimo diverso, avrei potuto ragionare di più invece che essere stato impulsivo come al solito, avrei potuto usare una parola invece del silenzio. Quante cose sarebbero stare diverse? Se stai facendo una cazzata, puoi fermarti. Se domani hai un impegno che non ti va di affrontare, puoi startene a casa. Ma non puoi cancellare una cosa che hai già fatto, quella no. Resterebbe uno spazio bianco che invece non può starci, e una frase diversa in quel posto avrebbe poi cambiato tutto il racconto che segue. Questo è un pensiero che mi affascina un sacco, e avevo già scritto qualcosa qualche mese fa a proposito del butterfly effect. Poi a pensarci bene guardo il mio presente, e tante cose sono davvero belle. Allora magari il “mio racconto” fila liscio così, senza bisogno di modifiche.

Giugno come ho già detto è qui, mese che sa di estate, di vacanze, anche in un certo senso di fine. Fine di quest'anno norvegese e riinizio di vita italiana. Saranno più le cose che perderò o quelle che invece troverò di nuovo? Bella domanda.
Saluti da dove nevica ancora.
Matteo.

mercoledì 18 maggio 2011

Una terrazza sul sole.

Si è leggeri, immensamente leggeri davanti ai giorni che passano. Arrivano svolazzanti come fogli trasportati dal vento, si muovono quasi sinuosamente fino a toccarti, leggeri. Sono pezzi di carta uguali, bianchi, freddi, ma che contengono sempre una frase, un consiglio diverso. Se lo stesso vento che ce l'ha portato, non ce lo toglie troppo in fretta da lasciarci il tempo di leggere ciò che ci dice, allora consiglio dopo consiglio, giorno dopo giorno, vivremo al meglio.


Una terrazza sul sole. Era circa mezzanotte, quando ero fuori da prendermi un po' di quell'aria fresca che il mare porta su. Una decina di gradi, non di più, e io solo con una camicia. Il vento che soffiava lo sentivo oltremodo. Un po' forte e poi niente, non di quel costante a cui alla fine ci si abitua. Andava a strattoni, scosse che mi portavano sulla schena brividi simili a formiche, che salivano dai lombi fin su alle spalle. Ero fuori perchè la luce particolare che entrava dalla finestra era un invito troppo bello per essere rifiutato, e una volta fuori ecco lì: il tramonto sull'Oceano. Fasci rosa, rossi e di un arancio intenso, sopra un mare tanto scuro e crespo da aumentare ancora di più il fascino che già si porta dietro. I gabbiani nel cielo erano quasi fermi, danzavano su e giù come marionette appese a chissà quale filo, contro la corrente del vento. Mi sono seduto, davanti a quello spettacolo, al freddo si poteva resistere. Il sole, da palla infuocata quale era qualche secondo prima, diventava sempre più piccolo e tenue mentre prima si avvicinava, e poi scompariva dietro la lontana linea dell'orizzonte. Sapevo che a queste latitudini le giornate stanno per diventare “totali”, e allora la mia attesa per vederlo risorgere nuovamente sarebbe stata davvero poca. Ho aspettato. Dopo qualche decina di minuti, mentre il cielo aumentava ancora di più il contrasto dei suoi rossi, eccolo di nuovo là, spostato di poco, ma ancora più grande e luminoso. Arrivava ad incantare ancora una volta, come volesse colmare subito la mia nostalgia. A lui è bastato poco per cominciare di nuovo la sua storia. Erano poi quasi le tre, mi sono diretto verso casa. Ho camminato tra le vie del paese, quando il sole era ormai sul suo cammino verso l'alto ma non aveva ancora bussato alle porte di un mondo che pareva ancora dormire. Nella mia mente risuonava una frase di High, di James Blunt: <<..beautiful dawn, You're just blowing my mind again. Thought I was born to endless night, until you shine..>>.


Fato? Casualità? Mentre prima pensavo a te, una coccinella mi si è posata sulla mano. L'ho tenuta qualche secondo e poi con un leggero soffio l'ho spinta ancora a volare. La fortuna, forse, è con noi.
Matteo.

lunedì 16 maggio 2011

Bella ma troppo ventosa.


Ormai, lasciatemelo dire, fa caldo. Ora sto persino indossando un paio di bermuda di jeans, gli stessi che portavo a Roma ad agosto, prima di partire. Si va beh, ora ci sono circa quindici gradi di differenza, ma siamo intorno ai tredici-quattordici qui, quindi ancora una volta, fatemi dire che fa caldo.

Sono circa le sei di sera, e me ne sto seduto sulla poltrona di pelle nera in salotto. I raggi del sole, costanti ormai, entrano dalla finestra che dà sul giardino e vanno a posarsi sul poggiabraccio destro, che ormai scotta. La pianta qui da parte, anche lei illuminata costantemente dal sole, è un misto tra foglie verde vivo e altre ormai secche e bruciate. Ho sempre odiato le veneziane (parlo di tende, sulle donne non mi lamento ;p ), mi danno sempre l'aria di essere in un ufficio o comunque sia in una situazione di non-relax. Preferisco senza dubbio quelle belle, morbide, che arrivano fino giù al pavimento, quelle che aveva mia nonna nella sala. Cosa me ne importava se poi erano così lunghe che ogni volta che aprivo la finestra fungevano da scopa tirando su tutto quello che incontravano sul loro percorso, mi piacevano e basta. Chiudendo la parte immobiliare ma restando sulla poltrona, devo dire che sono qua bello scomodo, con tutto il peso sulla mia chiappa destra perchè su quella sinistra c'è una bella abrasione frutto di una scivolata di ieri pomeriggio sul sintetico, bel particolare né?

Il tempo stringe, non lascia tregua. Non la lascia per l'eccitazione di rivedere tutto (e tutti), per la tristezza di lasciare tanto (e tanti), e per la paura che ci sia ancora una volta troppo da cambiare. Quando un po' di tregua? Vorrei in questo momento trovarmi dove tutto è ciò che desidero, non quello che ho bisogno. E vorrei anche imparare a guardare un po' più a me stesso, ma non dovrebbe essere poi tanto difficile perchè sarebbe solamente un ritorno alle origini. Dovrei impare a rimettermi al primo posto della lista, invece è da un periodo a questa parte che sto assecondandomi per i bisogni altrui, perdendo così occasioni, qualche sorriso e un po' anche della mia voglia di parlare. Alcune volte ho come la sensazione che la mia opera migliore riesca a farla solamente quando non c'è nessuno che stia guardando, e poi ripeterlo davanti agli occhi degli altri è un'impresa più ardua di quanto sembra, altre volte invece mi sembra proprio che chi vorrei che il mio meglio lo apprezzasse, se ne frega altamente.

Capitolo canzoni. Oggi sono due le mie hits del giorno, ovvero Shiver dei Coldplay (per i motivi sopra elencati) e Leaving dei Westlife. È proprio in quest'ultima che c'è una frase da scrivere, leggere e pensare tante volte: what does the time go between goodbye and hello? Risposta che mi piacerebbe dare ma che non ho, mi aiutate voi a trovarla?

Si, in conclusione devo ammettere che non è un post che “sprizza di gioia” come i precedenti, sarà un po' l'amaro in bocca di una giornata bella ma un po' troppo ventosa, o sarà il periodo. Time will let you know. Buona serata.
Matteo.

venerdì 13 maggio 2011

Solo gli spiccioli.



I prati verde smeraldo, le chiazze viola e giallognole che regalano i primi mazzetti isolati di fiorellini, le sfumare che vanno dal rosa all'arancio, dal giallo al blu, di un cielo immensamente meravoglioso, gli occhi lucidi e colorati, e i sorrisi diversi nella forma e nelle motivazioni di migliaia di persone..questo è il mondo, questo è il profumo della vita e della gioia, è il profumo che ci crede ancora e chi perlomeno ci sta solo provando, riesce a sentire.

Non sono mai stato poi tanto bravo a gestire, a programmare e a pianificare qualcosa che riguarda me e il mio futuro. Forse perchè sempre preso da sogni impossibili e da idee senza logica, si è sempre sgretolato tutto più in fretta di quanto potessi immaginare. Tutte speranze piuttosto vane e missioni senza possibilità di riuscita, per non dire ancora una volta impossibili. Ma ora, seduto qui illuminato da un sole che nonostante l'ora (22.30) è ancora piuttosto alto nel cielo, mi accorgo che in un posto così lontano ho trovato qualcosa (o forse ho trovato solo me stesso) con cui iniziare a costruirmi un domani che, nonostante la sua folle bellezza, così improbabile non lo è.

Manca poco tempo, solo gli spiccioli. Più o meno una cinquantina di giorni, e poi tutto cambierà di nuovo. Questa meravogliosa (e volte anche maledetta) avventura sta volgendo al termine. Sì, prima ho detto che tutto cambierà ancora, ed è vero, perchè anche se torno nel posto in cui sono sempre stato, so che troverò poco o niente di quello che avevo lasciato. Poi, senza entrare troppo nei dettagli “emotivi”, mancheranno Oceano e pace, venti e onde, gabbiani e la maestosità dei fiordi, e anche quella di una natura che, un po' in ritardo, sta provando a rinascere. Tornerò e sarà invece già tutto pronto, ci saranno i rumori del giorno e il calore dei volti noti, incontrerò ancora la notte (che non vedo da tempo e ancora non vedrò), che però con il fascino del suo buio mi manca un sacco: mi mancano le stelle, la luna e il pensiero di vederle assieme a te, e sentirmi così un po' più vicino.

Sono dell'idea che nella vita andremo sempre alla ricerca di un qualcosa, dobbiamo perlo per forza, obbligo o bisogno. Possiamo essere felicissimi, ma sentiremmo sempre la neccessità di qualcosa in più. È per questo che credo che la perfezione non esista, o forse ci piace così poco da far sì che siamo noi a non volerla, perchè sono le imperfezioni a farci innamorare, e a volte anche amare, ciò che abbiamo.

Ci incontriamo nei sogni, lì si che c'è spazio solo per noi. Riesci a donarmi magia in ogni momento, anche dove all'apparenza sembra tutto vuoto. Ecco, tu riempi il vuoto, è questo che fai. E non smettere mai, c'è spazio fin che vuoi.

Matteo.

lunedì 9 maggio 2011

Un sorriso in una grigia mattinata di maggio.


Un biglietto del treno, uno scontrino del pub, un abbonamento della gelateria, una tessera delle fotocopie, il biglietto da visita di un ristorante, un pezzo di carta scritto da chissà quanto. Ecco qua, come nel piccolissimo spazio di un portafoglio si possono nascondere tutte queste cose, pezzettini ormai sbiaditi, consumati e stropicciati dal tempo che passa, da una vita che credo in parte lontana ma che poi mi ritrovo così vicina. Piccoli ricordi di chissà quanto tempo fa, di chissà quale momento e di quali idee. Mille tasche in cui ci buttiamo dentro di tutto, da carta a rimorsi, da numeri di telefono a risate, da biglietti di partite (sport e...altro) che hanno cambiato una stagione o di cui magari non ricordo nemmeno il risultato. Conserviamo perchè vogliamo ricordare, perchè non vogliamo dimenticare o semplicemente perchè ci dimentichiamo di eliminare dal portafoglio della vita. Prima o poi rispolveriamo ancora tutto, ma oggi mi portano un sorriso in una grigia mattinata di maggio.

Ha piovuto tanto tra l'ultima nottata e il mattino, lo sta facendo ancora. Ieri sera prima di dormire ho puntato la mia sveglia a venti minuti dopo del solito, il che vuol dire niente passaggio in auto ma biciclettata mattutina; era troppo importante quel letargo mattutino prolungato per poter farne a meno. Certo poi che al risveglio dopo una settimana di sole, non-freddo, azzurro e colori vari, mica mi aspettavo di essere catapultato in quella che ha tutte le sembianze di una tristissima mattinata di novembre, quelle in cui artisti e scrittori sono in ferie e lasciano tutto vuoto e incolore.
Fortuna che non si necessita di sole, di caldo e di sereno per essere felici. Certo aiuta, ma credo che in questo periodo potrei essere contento anche con tempeste, grandine e bufere di neve ogni istante.

Sono felice, lo sono e non mi stancherò mai di dirlo. Non è una felicità da ridere, da gridare e da non stare più nella pelle, no. È una di quelle silenziose, di quelle che non disturbano e che non fanno rumore, ma che si sentono dentro. Magari frutto di speranze ancora immature (ma non infondate), di sogni forse complicati ma che sono fondamentali per alzarsi ed addormentarsi sempre con il sorriso e con quella sensazione di pienezza e di sazietà che fanno stare così bene. È un gioco difficile ma pieno di fascino, capisco e mi convinco ogni giorno di più che affrontarlo ne vale la pena. Altrimenti avrei già mollato, o meglio non avrei nemmeno cominciato. Ma so che qui ne vale la pena.

È allora che, pedalando in mezzo a milioni di goccioline minuscole che non mi fanno tenere aperti gli occhi, prometto ancora una volta a me stesso di non tirarmi indietro, di provare a trovare la risposta giusta che sistemi questo strano rebus.


Siamo diversi, in alcuni cose praticamente l'opposto, talmente all'opposto che combaciamo. Ecco qual'è la soluzione, ecco perchè mi piaci così tanto, ecco perchè stiamo così bene.

Matteo.

venerdì 6 maggio 2011

Cronaca del mio ieri.

Era ormai tardo pomeriggio qui al nord. Alzatomi qualche minuto fa dal divano, dove ho avuto il tempo di chiudere gli occhi giusto il tempo necessario per recuperare una parte di quelle energie che le diverse ore passate insonni durante le ultime notti mi hanno portato via, mi sono diretto a stentoni in cucina.
Il caffè delle sei di sera ha una sua storia particolare, che si distingue da quello classico mattutino: ricordo quando, qualche anno fa, prima degli allenamenti serali avevo preso l'abutidine di prepararmi il caffè dalla mia cara moca, che nonostante fosse talmente usurata dalla vecchiaia che pareva quasi avesse le rughe, preparava un caffè che di così buoni non ne ho mai più provati. Ecco, ora il vizio del caffè nell'inizio serata mi è rimasto; forse non del bere il caffè in sé, ma nel gesto e nella routine del farlo. Come succede poi nella vita, che all'inizio amiamo il risultato ma poi finiamo per innamorarci del mezzo. Ora mi basta prepararlo il caffè, averlo lì nella tazzina. Caffè poi è un tutto dire, perchè in realtà mi sto accontentando di questa cosa che si beve qui in Norvegia, più somigliante ad acqua sporca, ma questo è un altro discorso.
Istantanea della scena: lungo tavolo di legno scuro, due candelabri posti al centro; io seduto a capo-tavola “armato” di penna blu e quaderno a righe, tazza colma di caffè (imbevibile, oggi peggio delle altre volte) alla mia destra e, dietro essa, una grande finestra che dà a metà tra montagne e Oceano.
Lo scorrere della penna sul foglio e il movimento nervoso del mio piede facevano da irritante colonna sonora, ecco che così mi sono alzato per andare a mettere qualcosa sullo stereo. Ho fatto scorrere davanti ai miei occhi qualche playlist da abbinare al momento, fermandomi poi su quella che preparai con minuziosa cura e dedizione non molto tempo fa, playlist che avrei poi usato nel weekend con lei. Coldplay, James Blunt, Guns n' Roses, John Denver, Michael Bublè e persino una canzone di Shakira, quella che mi aveva dedicato e che ogni qual volta mi capita di risentire, il mio stomaco si chiude. Ventidue canzoni in totale, scelgo l'ordine di esecuzione casuale. Mi sono seduto sul divano, ho chiuso gli occhi per vedere e ho aperto quelli per ricordare. Dopo quattro canzoni e mezza, capisco che forse sarebbe stato meglio per me una boccata di aria fresca. La giornata primaverile mi aveva invitato ad andare là dove tanto mi piace stare, seduto con i piedi a penzoloni venti metri sopra l'Oceano.

È pazzesco come la gente del posto non apprezzi tutto questo, allora io me la prendo tutto per me. Arrivando da un mondo fatto di case, auto, cemento e smog, qui sto in paradiso. È libertà questa, sedermi su di una scogliera, ascoltare onde e gabbiani, vedere il sole riflettersi sulle acque che si scontrano contro le rocce di montagne che si gettano a picco nel mare, e, se mi va bene (successo tante volte), a volarmi sopra la testa sono maestose aquile marine. Qualche giorno fa, accadde qui un episodio che mi ricorderò per tutta la vita: ero seduto in silenzio, il vento soffiava forse più forte del solito. Abbagliato dalla luce che avevo di fronte, mi coprii gli occhi dai raggi del sole, quando venni avvolto da un'ombra. Era quella di una grande aquila che aveva fermato il suo volo a tre metri da me. Osservavo questo spettacolo immobile, lei in tutta la sua importanza posava il suo sguardo dove ero io a farlo qualche secondo prima. Collo biancastro, becco imponente, occhi gelidi. Una decina di secondi indimenticabili, poi mi ha guardato, ha spiegato le sue ali che parevano infinite ed è partita in volo verso l'orizzonte. Da quel giorno, ogni volta che mi siedo lì a guardare il mare, aspetto il suo ritorno.
Sapere che oltre quell'immenso c'è l'America mi fa sentire irraggiungibile.

Dopo una ventina di minuti, mi sono alzato per far ritorno a casa. Ho optato per allungare il giro, avevo bisogno di pensare e camminare mi aiuta a farlo, la mia mente va con le gambe.
Ho pensato a me, ho strizzato l'occhio a quello che mi aspetta e ho sorriso a quello che ho. Sono felice della mia vita. Certo, ci sono stati momenti difficili e di sconforto, ma da quanto ho capito che se vogliamo ricevere un sorriso dobbiamo spesso essere noi i primi a donarlo, le cose vanno meglio, ho cominciato ad apprezzare di più quello che ho. Ecco perchè, mentre camminavo sulla sabbia ancora bagnata per l'alta marea di qualche ora prima, mi sono fatto una promessa: nella mia vita cercherò di raggiungere i miei obbiettivi, seguirò i miei sogni per renderli veri. Alcuni spero di realizzarli, altri so che sarà dura. Ma ci proverò, magari riuscirò a vincere, perchè sono convinto che l'unica grande sconfitta arrivi solo nel momento in cui ti rendi conto di non averci nemmeno provato, che la paura di perdere non ti abbia permesso di partecipare.

Sono arrivato a casa, e appena dopo aver chiuso la porta mi sono spogliato e mi sono diretto subito in doccia. Avevo bisogno che quell'acqua potesse lavarmi anche dai miei dubbi e dalle mia paure. 


Se credi in un sogno, seguilo. Non ti assicuro che riuscirai a raggiungerlo, ma seguilo, fai di tutto per realizzarlo. Spesso la gioia più grande sta nella speranza che ti accompagna nel percorso per renderlo vero. 
Matteo

lunedì 2 maggio 2011

Con niente (o tutto) da perdere.

Lo sai cosa è la gioia, Tu lo sai cos'è?”

A maggio i fiori spruzzano tutto il loro colore, colmano gli occhi di chi guarda verso l'infinito. Questo è quello che dovrebbe essere, poi mi ricordo di essere in Norvegia e che solo qualche giorno fa c'è stata l'ultima spruzzata di neve, allora ai fiori tocca aspettare. 



Maggio 2011

Il tanto aspirato “I'll see you soon” l'ho atteso con il cuore il gola, l'ho visto passare davanti ai miei occhi e poi l'ho anche dovuto lasciare andare senza poter recriminare, perchè è così che stanno le cose. Bisogna saper accettare che non si può avere tutto sempre, subito. Quant'è facile a parole.
Ora il prossimo soon vogliono dire due mesi ancora, quei due mesi che mi separano anche dal ritorno alla mia vita.

Avrei voluto ancora una volta che il tempo si fermasse, che quello ad avere la clessidra tra le mani fossi stato io, ma di clessidre, di orologi, di pendoli o di cronometri ce se ne fa davvero poco, tutto va lo stesso, con o senza il nostro permesso. Perdiamo questa concezione, ci concediamo al desiderio che non sia mai il tempo dei saluti. Forse il segreto del non lasciarsi sfuggire niente sta prorpio qui, nel cercare di non guardare al domani mentre si ha un oggi tutto da vivere. Dovevamo fare questo e ci abbiamo provato, viversi tutto il sogno finchè il risveglio del mattino non ci avrebbe riconsegnato alle distanze che non possono sparire.

That's the hardest part, ci sono momenti in cui vorrei chiudere gli occhi e lasciare che qualcuno venga a dirmi qual'è la cosa giusta da fare, ma so che la risposta non sarà quella che voglio. Siamo in bilico, stiamo cercando di tenerci entrambi in equilibrio su di un filo che è ancora lungo davanti a noi. Se uno scivola, cadremo entrambi. Avremo la forza (e la voglia) di tenerci su? Per oggi, per domani o per una vita.


Svegliami ancora con i tuoi baci, scaldami ancora con il tuo corpo, deliziami ancora con il tuo profumo, coprimi ancora con le lenzuola che sanno di noi. E se cadremo, cadremo insieme.
Premdimi ancora per mano, andiamo avanti. Con niente (o tutto) da perdere. Sei bellissima.
Matteo.