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martedì 29 marzo 2011

Inevitabile.


Martedì 29 Marzo

Sole e neve. Tanta neve, troppa. Sono sbucato fuori dal nulla in questo sperduto paesino del nord-mondo il 5 novembre. Ecco, quanti giorni saranno passati? Centocinquanta, buttati lì ad occhio. Mentre entravo ad Andenes (lo sperduto paesino, ndr) hanno iniziato a scendere fiocchi di candida neve, di un bianco eterno. Eterno, sì. Siamo a fine marzo dell'anno successivo e da quella pennellata che ha tolto il verde dai prati non ho ancora visto una sola giornata senza bianco sui tetti, sulle strade e nei giardini. Ma quando finisce questo inverno? Neve, neve e neve. Una settantina di centimetri buttati lì, a caso. Rovesciati come farina dal suo sacchetto. E poi dall'Italia mi vengono a dire “..qua c'è un sole! Sono in giro con le mezze maniche!”. Compatitemi please.
Oggi non ho davvero nulla da fare, ma nel vero senso della parola. È proprio una giornata di quelle che non ti sforzi né di trovare qualcosa che ti porti via il tempo, né di quelle in cui pensi che non stai facendo niente. Pensare alla fine è pur sempre un qualcosa, ecco io oggi non ho avuto nemmeno la voglia di fare quello. “Che fai? Io sto nullafacendo, e tu?”.


Ormai mancano solo una novantina di giorni, e poi tutto questo sarà finito. Ho sempre minimalizzato sul mio “ritorno”, pensando che stia arrivando come ogni prassi normale e, appunto, che lo faccia in sordina, quasi come consapevole rassegnazione all'andare dei fatti. Sono stato quasi
contento di tornare. Poi perchè tutto cambia sempre così in fretta? Sarà l'ennesima tappa, un perdi&prendi, che la vita sempre ci ha abituato ad affrontare. Una volta a casa capirò di aver perso cose, situazioni ed attimi che invece resteranno sempre scolpiti nel mio cuore; ed invece troverò ancora tutte (o quasi) le altre fondamentali cose che ho lasciato per venire qui, per inseguire me stesso. Inevitabile, tutto ciò è semplicemente inevitabile. Mi sento come delimitato tra un muro (che ho davanti) e rincorso da un qualcosa (il tempo) dal quale però sto cercando di scappare, senza accorgermi davvero che così facendo mi avvicino sempre più velocemente al muro. Inevitabile, ancora una volta.
Non si smentisce mai la vita eh, o meglio con me non lo fa. Come in tutte le mie “tappe” del passato, ci ho sempre messo un sacco di tempo per costruirmi un nido che, una volta terminato, non ho nemmeno mai avuto il tempo di godermi perchè i fatti mi portano da un'altra parte, mi indirizzano per un'altra meta. Quante volte succede? Stessa cosa vale per quando cerchiamo di ottenere qualcosa. Lottiamo, soffriamo, combattiamo per avere ciò che vogliamo. E se riusciamo a conquistarlo? Ce lo godiamo? No, non sono neanche capace di fare questo. Una volta raggiunta una cima, non riesco neanche ad avere il tempo di un meritato riposo, il tempo di godermi lo spettacolo. I miei occhi, con la mia mente a braccetto, guardano già avanti al prossimo obbiettivo. E purtroppo questo vale soprattutto riguardo alle ragazze, una lotta continua per conquistarne una e una volta che la “missione” è compiuta, ciao saluti e baci, non posso stare lì, ce n'è un'altra da andare a prendermi. Ecco allora perchè non ho mai avuto una storia seria, perchè non ho mai provato il to love, eppure in love ci sono stato un milione di volte. Anzi no, non so neanche cosa voglia dire essere in love. [forse lo sto capendo ora]. Anzi togliamolo dalle parentesi: forse lo sto capendo ora. Il perchè e i vari motivi li dirò (magari) più avanti, o magari ci vuole tutt'altro che un genio per capirlo.


Sapete, di recente ho coltivato davvero l'idea di scrivere qualcosa che vada un po' oltre all' “articolo da blog”. Ho pensato di scrivere magari un..libro? Non è stato un gesto di presunzione, ma solamente il tentativo di fare un qualcosa che sempre (da lontano o da vicino) ho pensato. Sinceramente avevo anche iniziato a farlo, ma poi me ne sono stancato, o forse più semplicemente ciò che stavo scrivendo non era davvero quello che avrei voluto scrivere. Fattostà che qualcosa ho, e infatti l'unica cosa certa del se un domani scriverò un libro è il titolo. Ho già messo un titolo prima di cominciare il racconto, oh Matteo non cambi proprio mai.
Saluti da lontano, Matteo.

lunedì 21 marzo 2011

Basta poco, basta così.


Lunedì 21 Marzo.

Per quanto ognuno veda l'autunno come una stagione già vissuta, la primavera è sempre, a tutti, una rinascita.”
da “Il mietitore di Dodder”
di T. F. Powys
        

Basta poco, basta davvero poco. Specialmente nelle giornate come oggi, quelle che devono avere qualcosa di diverso. Devono, sì. Il 21 Marzo deve essere una giornata diversa, perlomeno per come ci poniamo ad affrontarla. Oggi inizia la primavera, il sole scalda meglio, l'estate è più vicina e l'inverno è ormai passato. Forse però queste sono solo le flebili speranze con cui ci si presta ad affrontare il 21 Marzo che deve (un'altra volta) essere una giornata diversa.

Gli elenchi sono strani. Parti a scrivere, e può capitare che più scrivi più cose ti vengano in mente. E la dimensione passa da biglietto per ricordarmi cosa prendere dal fruttivendolo a lista per il cenone di capodanno. Oppure parti che vorresti scrivere un milione di cose e una volta che ti metti dietro perdi tutta la poesia e le idee si sciolgono come neve al sole (e va di moda in questo periodo, soprattutto qui in Norvegia).


Dopo aver sentito l'idea di un mio amico di scrivere l'elenco delle cose da fare prima di morire, vengo anche io tentato di fare una cosa così. Ma poi mi fermo un attimo.
Cosa vuol dire fare una cosa così? Programmarsi di fare qualcosa. Certo non è un chiaro “programmare”, perchè non c'è una data precisa né niente. Ma alla fine ci poni quasi senza volerlo un limite enorme, prima di morire.
Ora parlo per me. Mi sto ricredendo su tante cose e questo l'avevo già detto. Non sopporto, non posso farlo, chi si nega un qualcosa per un ostacolo futuro. È una cosa davvero insensata! La vita è ora, life is now. Se dobbiamo sempre guardare a quello che verrà, alla paura del poco (o troppo) tempo, non ce la caveremo mai. E allora qua rientra il prima di morire. Se hai paura di fare qualcosa perchè “tra un mese, tra cinque mesi, tra un anno..”, allora hai paura di vivere. Tu non stai vivendo tra un mese, tu stai vivendo ora. Questa è l'unica cosa certa che ci sia, allora dobbiamo prenderci cura delle cose che il tempo ci dà in questo momento. Cos'ho ora? Questo importa. Non quello che avrò oppure che non avrò fra un determinato periodo. Vivere, vivere quello che abbiamo quando ci svegliamo la mattina, quando chiudiamo gli occhi per addormentarci. Quella è la nostra vita, quello che ne fa parte è ciò che siamo conquistati giorno dopo giorno, vivendo lo ieri che ha portato frutti per l'oggi. Se trascurassimo sempre l'oggi pensando al domani, allora il domani non ci sarà mai. Perchè il domani lo vivremo pensando al dopodomani, e così via. Allora quando un po' di tempo per noi se dobbiamo sempre guardare all'oltre?
L'ho detto, ci penso al ritorno. Ma ci penso solamente, non programmo. Non programmo neanche quello che devo fare tra un secondo, come faccio a programmare quello che farò tra 3 mesi? Penso, e basta. Ma ora più che mai rivolgo le attenzioni ad un oggi che mi ha portato cose e persone nuove, da vivere.


Portami altrove, portami dove non c'è nessuno che sappia di noi. Fammi vedere come si muore senza nessuno che viva di noi.”
Basta così  
Negramaro ft. Elisa


Oggi la mia maglietta, la mia camicia e la mia pelle profumano ancora di te e delle lenzuola bianche. Lavarmi porterà via l'odore, ma lascerà di sicuro tutto il resto.

Matteo.

giovedì 17 marzo 2011

Fratelli d'Italia.



Cosa c'è di strano oggi? Niente, se non fosse che è il 150esimo compleanno della mia Italia.
Oggi ci dovremmo richiudere tutti sotto il nostro tricolore, protetti da un verde che ci illumina di speranza, avvolti da un rosso simbolo della passione e del sangue di coloro che hanno dato la vita per difentere la nascita di questa bandiera e infine allietati da un bianco che simboleggia la nostra purezza di spirito.
Prendetela in giro,
la nostra Italia, giocateci su. Ma poi una volta che ne sarete lontani capirete quanto è grande il senso di appartenenza ad un paese calamita, come lo è il nostro.
Essere Italiani (si, la I maiuscola anche se grammaticalmente è scorretto) vuol dire tante cose, nascoste e non, ma che ci riempiono di fascino e di attenzioni da chi non lo è ma vorrebbe tanto esserlo. Siamo un popolo di passione, allegria e un'immensa tradizione che nessuno mai potrà cancellare. Quindi smettiamola di pensare che tutti ci prendano in giro, di essere gli zimbelli del mondo. Non è così! Fuori il nostro orgoglio, la nostra ambizione. E tutti, chi più chi meno, ci invidiano.
Non vergognamoci di quello che siamo, dovremmo essere un pizzico più patrioti per una terra meravigliosa che di meglio non ce n'è, con le montagne più belle che esistano, il mare di un blu profondo e un popolo inimitabile.
E non dobbiamo essere Fratelli d'Italia solo per una giornata, dovremmo esserlo per sempre.
Essere Italiani è un vanto, non una vergogna come tanti vogliono farci credere.

..Guardai avanti, gridai, e corsi verso
la battaglia stringendo in mano
una fascia tricolore e portando
con me, un sogno,
nel cuore..”

FORZA ITALIA, FORZA ITALIANI.

martedì 15 marzo 2011

Cento giorni e qualche spicciolo.


Martedì 15 Marzo


Vinterferie, vacanze d'inverno. Ecco cosa sto amando dalla Norvegia, il poltrire fino al 20 marzo mettendoci di mezzo anche un weekend in Svezia.
Stamattina non avevo quindi nessuna sveglia che potesse interrompere il mio sonno, e nell'aprire gli occhi all'alba delle 11,un fiocco di polvere svolazzante aleggiava nella mia stanza. Mi è venuto un impulso istantaneo. Mi sono munito di spazzettone ed aspirapolvere e per 2 ore mi sono dedicato alla pulizia di “camera e dintorni”. Ho sempre odiato le pulizie, ma da quando sono fuori porta ne ho imparato l'utilità. E allora non è poi così tanto raro che mi prenda questo schizzo e mi metta a pulire, a spolverare, a lucidare il parquet, e cose varie. Poi sentendo l'odore del detersivo ho come il cuore in pace, la coscienza a posto. Il profumo di pulito è una cosa che amo da sempre.
Dopodichè sono sceso e con minuziosità mi sono concesso il piacere di un buon caffè italiano. Farlo bene è un'opera d'arte, e non tutti sono in grado di farlo. Credo che nel gesto del preparere un buon caffè si nasconda una magia profonda, un fascino irresistibile.
Mi piace confrontarmi con le persone, e ciò ovviamente implica il fatto che mi piacciano le persone con cui possa farlo. Tante volte mi sono fermato sull'aspetto di una persona, era finalmente l'ora che sotto questo punto di vista mi dessi una svegliata. Non riesco proprio ad avere nessun tipo di rapporto con un qualcuno che non abbia una propria opinione, non la faccia valere e non sia schierato da una parte piuttosto che dall'altra. E non intendo dal punto di vista politico, forse quello è il meno importante. Intendo schierato nella vita, con idee ben chiare (magari anche sbagliate) da difendere e da far valere.
Tornando a prima, discutere con amici ed amiche in questo momento vuol dire in gran modo parlare del mio ritorno in Italia e di quello che sarà una volta lì. È una cosa normale questa, e a meno di un terzo di esperienza al termine, è un aspetto da iniziare a prendere in considerazione (e adesso mi raccomando, partite con il “no, ma devi goderti gli ultimi mesi” ecc ecc. Questa è una cosa che sto facendo e farò, PERFAVORE PIETÀ! Si può benissimo pensare a quello che sarà anche mentre ci si concentra sul presente).
Ho letto da un libro mentre ero sul volo di ritorno da Oslo una frase che mi ha colpito. Ora non sto qui a riscriverla perchè non ho voglia di riprenderla da un libro che non mi ricordo neanche dove possa aver cacciato, ma ne esprimo il concetto: quando ti allontani dalla tua vita per un determinato periodo, da dove sei puoi osservare cos'è lei davvero, come se tu fossi un'altra persona che osserva la vita di qualcun'altro. E allora è più facile capire dove sono gli sbagli, le cose belle e gli aspetti a cui attribuire un certo valore.
È infatti stando lontano che ho capito quali sono le amicizie vere, quali sono i miei interessi più grandi e come la penso su tante cose che in questo momento sono lontane da me. E in queste tante cose, le idee di adesso non si possono nemmeno minimamente sovrapporre a quelle di un po' di tempo fa.
Al mio ritorno avrò qualche base solidissima, e qualche altro punto in cui dovrò ricostruire tutto da capo, a mio piacimento. Ed è una cosa che mi intriga da matti! In questi mesi i “pezzi” a mia disposizione per la costruzione si sono moltiplicati e hanno subito come un filtraggio, via quelli cattivi ed inutili e dentro solo quelli in cui credo davvero. E tra di loro si è aggiunta anche qualche (no, a dire il vero tante) novità.
È come una scatola piena di lego da cui devo costruirci un qualcosa, e sono libero di farlo come meglio mi pare senza seguire la benchè minima istruzione.
Ho solo una paura, quello di dover già avere delle scelte da fare. E ho troppi “pezzi” diversi da loro ma che possono tutti andare bene, mentre dovrei sceglierne solo uno. E tra questo troppo ho paura di uscirne alla fine senza niente. Come quando entro in una libreria per scegliere un libro da acquistare: mi è molto più facile trovarne uno che mi prenda se la libreria è piccola. Se invece la libreria è immensa con scelte di ogni genere, mi trovo in dubbio e mi prende la paura di comprarne uno mentre sicuramente guardando bene ce ne sarebbe stato uno migliore. E allora spesso accade che alla fine esco dalla libreria con le mani vuote e con la delusione di quelli che tra tutte le scelte possibili si ritrovano con un niente di fatto. Ed è questo che temo.
Non farsi prendere dalla frenesia del volere tutto subito, questo è quello che dovrò fare. Ma è anche quello che più nel passato mi ha messo in difficoltà. Quante possibili storielle con una ragazza sono finite per questo. Mi facevo ingolosire dalla portata del piatto, lo finivo a morsi talmente grandi da soffocarmi e poi alla fine, quando sul piatto restavano solamente le briciole e rimanevo solo con un mal di pancia da cattiva digestione, mi rendevo conto che il bello sta nel gustarsi ciò che si ha davanti, prolungando il piacere senza avere la neccessità di riempirsi la bocca tutta d'un colpo. Il gusto sarebbe stato comunque lo stesso, sia con un grammo che con un chilo. Forse su questo sono riuscito a cambiare, e non ho più paura di precludermi le possibilità per questa ragione.
Una ad una le candele qui sul tavolino si spengono. Come i giorni che passano, che mancano alla fine. Una fiamma in meno, poi due, tre e cosi via. Lucine che se ne vanno nella notte ma delle quali qualche ora più in là il sole non ne farà sentire la mancanza. Sono cento giorni e qualche spicciolo, sul telecomando del tempo non ci sono né rallentatore, né pausa e nemmeno accelletarore. Sarebbero tasti che ogni tanto farebbero davvero comodo. Mettiamoci anche il rewind tra questi desideri.
Ci tocca accontentarci però.

Matteo.

giovedì 10 marzo 2011

On tour.


Mercoledì 9 Marzo, Bodø
Scrivere, scrivere, scrivere..
Non ho avuto tanto tempo per farlo ultimamente, e quel poco che basta per riordinare un attimo le mie idee me lo prendo ora.

Sono nella sala partenze dell'Aeroporto di Bodø, in cui ho dovuto fare scalo nel viaggio da Andenes ad Oslo. Prima del volo che mi porterà nella capitale norvegese, passeranno ancora 2 ore e così, per ammazzare un po' il tempo, mi sono armato di penna e del mio solito quaderno degli appunti per scarabocchiare la maratona di sensazioni che attraversa ora la mia mente.

C'è tanta gente negli aeroporti, gente diversa l'una dall'altra nelle mete, negli obbiettivi e negli sguardi. Quelli che mi colpiscono più di tutti sono coloro con valigie in cui credo ci possa stare l'intero armadio che ho nella mia camera. Ce ne sono di due tipi, ma quelli su cui mi focalizzo sono persone che hanno negli occhi la speranza di raggiungere un luogo nuovo, sconosciuto e misterioso. Chi per una vacanza, e allora indossa aria da spaccone, vestiti ed occhiali da sole non perfettamente in tinta con il tempo e il clima che c'è di fuori. Li senti parlare di Canarie, Maldive e Florida, e mentre pronunciano il nome delle loro mete la bocca gli si apre oltremodo per fartelo capire bene.
Poi invece ci sono quelli che nella valigia hanno racchiuso sogni di vita, speranze per il futuro e quando incroci il loro sguardo vieni colpito dalla loro paura che non cercano di nascondere, o più semplicemente non riescono a farlo. Ho seduti davanti a me una famiglia di medioriendali, lo si capisce da come sono e da cosa fanno che stanno scappando da qualcosa, forse dalla brutalità della guerra che dipinge tutto d'odio e spezza le vite dei loro connazionali. Loro stanno provando a fuggire da tutto questo, stanno cercando di trovare una nuova dimora e di riscoprire la pace e l'amore che serve per sopravvivere, mettendo in gioco il loro domani senza sapere minimamente cosa riserverà per loro.

Restano poi altre due categorie di viaggiatori, quelli che lo fanno per lavoro, con il comportamento e la sicurezza che mi porta a comprendere che l'aeroporto fa parte del loro quotidiano: i loro spostamenti sicuri e pretenziosi sono quasi arroganti per quelli come me che invece, con ipod nelle orecchie ed ammirazione negli occhi, cercano di far trasparire l'emozione che mi percuote ogni volta metto piede in luoghi come questo. Sarà che forse il numero di volte in cui ho volato le conto sulle dita di una mano, ma essere qui da solo, in un posto così grande, mi fa sentire libero. Ed è per questo che in quella che sarà la mia nuova vita italiana, cercherò di viaggiare il più possibile.

Non mi ricordo se ho detto qual'è la ragione di questo mio viaggio. Beh lo faccio ora, farò 6 giorni di vacanza al sud della Norvegia. Quanto è grande questo stato, spostandomi da dove vivo ad Oslo percorrerò la metà dei km che mi dividono da casa. Quindi stasera alle 19 sarò un po' più “vicino” a tutto :)
Andrò a visitare amici conosciuti lo scorso luglio mentre ero in vacanza a S. Cassiano, piccolo centro nelle Dolomiti. Ma prima di ciò, farò tappa nel luogo in cui ho vissuto il primo periodo della mia esperienza. 75 giorni di luci (poche) ed ombre (troppe). Ma oggi là guarderò tutto con una misura diversa, lo farò da visitatore esterno. Incontrerò i miei amici, Michael in particolare. Lui è un ragazzo belga con il quale è nata un'amicizia vera, e rivederlo dopo 4 mesi e passa sarà emozionante. È stata la persona al quale mi sono maggiormente “aggrappato” nei momenti difficili e che non smetterò mai di ringraziare per tutte le volte in cui mi è stato vicino. Ricorderemo insieme le tante avventure e le grosse risate passate assieme, praticamente quasi le uniche note intonate di quello che è stato un periodo a dir poco triste. Poi sarà ancora il momento dei saluti, e sarà un arrivederci a luglio, quando saremo sulla via per il ritorno a casa, fine dell'esperienza estera.

L'autoparlante invita i passeggeri diretti ad Oslo di dirigersi verso il GATE18 dell'aeroporto. Devo salutarvi :) A risentirci, presto o tardi.
Matteo.